Il potere della stampa attraverso i secoli

Campania – Da sempre nella storia, lo stato e la chiesa hanno cercato di soffocare con ogni mezzo il nascere di idee nuove e audaci col pretesto che esse, in qualche modo, potessero mettere in pericolo la struttura sociale e religiosa della civiltà.

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Nel corso dei secoli, la stampa, con la sua rapida diffusione ha sempre provocato sistematici tentativi (nella maggioranza delle volte attuati) di controllo sulle pubblicazioni.  Nel 1501 papa Alessandro VI estese la censura ai membri secolari, e nel 1543 il cardinale Carafa, in un decreto che prendeva il suo nome, ordinò che: “nessun libro potesse venir stampato o venduto senza il permesso della Santa Inquisizione”; sempre il Carafa, salito al podio pontificio col nome di Paolo IV diede vita nel 1559 all’ Index librorum prohibitorum. Benché nei secoli ripetuto, questo elenco rimase a ricordare ai cattolici romani, quello che non potevano leggere senza un particolare permesso della chiesa.

Un esempio per tutti fu quello di Martin Lutero che malgrado il suo professare in piena libertà e coscienza, proprio dalla sua chiesa, vide sopprimere spietatamente le sue teorie considerate eretiche e cioè quelle credenze religiose che non facevano parte della dottrina cristiana. Ma non fu solo la nostra chiesa ad attuare normative così severe. Col pretesto di salvaguardare la moralità dei cittadini, le teocrazie puritane, come quella di Giovanni Calvino da Ginevra, istituirono sui libri religiosi, una censura di gran lunga superiore di quella praticata dalla chiesa di Roma.

Tutti i sistemi fondati sull’autoritarismo sia esso di natura religiosa, politica o ideologica, vennero inevitabilmente affidati alla censura. Così, ad eccezione della sola Repubblica Olandese, venne estesa una censura sistematica in quasi tutta Europa e fino alla fine del XII secolo. La storia, però, dimostra tuttavia che la censura fu raramente efficace: Voltaire, Rousseau e Montesquieu, precursori intellettuali della Rivoluzione Francese, subirono una pesante censura in Francia, ma i loro volumi, come quelli di molti scrittori protestanti dei tempi della riforma, furono stampati all’estero ed entrarono clandestinamente in Francia.  I “libri proibiti”, ben presto, crearono un mercato proprio, poiché nulla forse stuzzicava di più, i tanti lettori-estimatori che un volume messo al bando.

Durante la seconda metà del XVIII secolo, molti scrittori di altri paesi europei seguirono l’esempio delle classi dirigenti della Rivoluzione Francese, facendo scattare però ben presto, nuove misure repressive, in Germania, nell’Impero austriaco e nella stessa Francia, in occasione della Comune di Parigi del 1792, consolidate ancor più in seguito da Napoleone. Dovranno passare molti secoli, prima che la stampa riesca a conquistarsi uno spirito quasi del tutto libero. Oggi, si può affermare che l’assenza di un controllo diretto, non significa tuttavia che la stampa sia completamente libera; anche nei paesi più liberali esiste una specie di “censura consequenziale”.  Per tanto, si può scrivere o pubblicare ciò che si vuole, o quasi, ma se si violano le leggi si verrà puniti e quanto è stato scritto sarà inevitabilmente eliminato.