Mondragone, AMBC: “Il tetto che scotta”

Mondragone – “Il Comune di Mondragone e una impresa mondragonese (una s.a.s.), avvalendosi del medesimo avvocato, hanno perso la causa che avevano intentato davanti al Tar del Lazio nei confronti del Gestore dei Servizi Energetici – GSE Spa, del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Il Comune di Mondragone e la ditta avevano fatto ricorso al Tar per chiedere l’annullamento dei provvedimenti relativi all’impianto fotovoltaico n. 813256, di potenza pari a 96 kw,  sito in viale Regina Margherita, sul tetto “che scotta” della sede comunale scippata alla scuola (Soggetto Responsabile Comune di Mondragone), con i quali era stata disposta la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti e l’annullamento del provvedimento di ammissione agli incentivi sull’impianto, nonché il recupero delle somme riconosciute all’impianto a titolo di incentivo. I provvedimenti di annullamento erano stati emessi a seguito dell’accertamento di alcune gravi irregolarità, emerse nell’ambito di alcuni controlli, in merito all’effettiva provenienza (sito di produzione e/o certificazioni) dei moduli utilizzati per la realizzazione dell’impianto. I controlli riscontravano che sotto la matricola amovibile apposta sul vetro dei pannelli ne risultava installata un’altra inamovibile, recante una matricola diversa. La ditta mondragonese incaricata dal Comune, a seguito di tali accertamenti, denunciava alla Procura competente la ditta fornitrice commerciale dei moduli contraffatti e l’impresa realizzatrice dei pannelli, inviando contestualmente tutta la relativa documentazione al GSE.

Si tratta di una vicenda sconosciuta ai più che l’AMBC è riuscita a scovare soltanto recuperando la sentenza perché- come sempre- il comune di Mondragone è il solito “porto delle nebbie”.  Una vicenda del 2012 che prende l’avvio con la Delibera di Giunta Comunale numero 86 del 18.10.2012 avente ad oggetto “Approvazione atto di convenzione con la Ditta … e concessione in comodato di aree per l’installazione di impianto fotovoltaico su immobile comunale sito in Viale R. Margherita 93”. Successivamente in data 12.04.2013 con repertorio numero 10 fu sottoscritto il contratto preliminare di diritto di superficie (lastrico solare) ad uso privato tra la ditta e l’Ente. L’impianto fotovoltaico fu ultimato nel maggio 2013, con conseguente entrata in funzione. Ma poco più di un anno dopo, ecco il patatrac. Si legge nella sentenza del TAR che: “il GSE – avendo rilevato l’utilizzo di moduli sui quali erano state artificiosamente apposte etichette recanti indicazioni false e fallaci in riferimento alla marca e al modello dei moduli e ritenendo che «in assenza dell’etichettatura originariamente apposta sui moduli in conformità alla norma CEI EN 50380, […] non è posto nelle condizioni di accertare l’effettiva provenienza dei moduli installati presso l’impianto e la conformità degli stessi alle certificazioni presentate.

Al riguardo, si rappresenta che quanto dichiarato, nel merito, dal Soggetto Responsabile non trova riscontro in alcuna dichiarazione rilasciata da un Organismo di Certificazione accreditato» – accertava le violazioni rilevanti di cui all’Allegato 1 del DM 31 gennaio 2014, lettera a) – presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi – e lettera n) – utilizzo di componenti contraffatti ovvero rubati – e disponeva pertanto la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti e l’annullamento dell’originario provvedimento di ammissione”.  Tar Lazio che ha ritenuto che quelle accertate e denunciate dal GSE fossero irregolarità rilevanti che ben giustificavano- in punto di diritto- i provvedimenti di revoca. Il Comune di Mondragone e la ditta comodataria proporranno ora ricorso al Consiglio di Stato (con conseguente ulteriore esborso di soldi pubblici). Siamo di fronte ad oggettive responsabilità dei tecnici comunali, che -quantomeno- non hanno vigilato su quanto accaduto. E siamo al cospetto dell’ennesimo scottante pasticcio a danno della città.

Ma è mai possibile che (come il Cimabue di un vecchio Carosello) non riusciamo mai a combinarne una giusta? Ma qualcuno risponderà di un tale pasticcio? Il responsabile del procedimento, chi ha fatto il collaudo o chi? C’è da tempo nella burocrazia di questo dannato e sfortunato Comune (in tutti i settori) un problema di apicali, ma la “politica” -ricevendo da essi a piene mani- chiude gli occhi e ricompensa (con l’unica eccezione rappresentata dal “caso Di Nardo”. Ci domandiamo: ma l’anomalia era Antonio Di Nardo- definitivamente trasferitosi altrove- o sono gli altri?). La mancata rottura di questa perversa catena che avvinghia i politicanti locali e la burocrazia comunale (che dovrebbero essere ben separati nelle loro funzioni) terrà “sotto scacco” qualsiasi ipotesi di cambiamento. Concludiamo ricordandovi che il 5 giungo scorso A SUD ha lanciato la prima causa contro lo Stato italiano per inazione climatica. La campagna Giudizio Universale è sostenuta da oltre 100 associazioni promotrici in tutta Italia che hanno contribuito a diffondere la causa del secolo. Se anche voi volete che lo Stato contrasti in maniera concreta l’emergenza climatica firmate l’appello! La causa legale è appena all’inizio e adesso più che mai c’è bisogno del supporto di nuovi sostenitori. L’obiettivo è raggiungere le 50mila firme: https://giudiziouniversale.eu/.