Il vernissage di Giovanni d’Angelo il 20 maggio al Museo Provinciale Campano di Capua

Capua – Si terrà sabato 20 maggio, alle ore 10, presso il Museo Provinciale Campano di Capua, in via Roma 68, il vernissage “Il silenzio degli occhi – Le Madri”. La mostra fotografica dell’artista Giovanni d’Angelo, curata dalla storica dell’arte Maria Carmela Masi, resterà esposta fino a domenica 18 giugno.  

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Dodici ritratti a occhi chiusi per dodici madri mute. I volti appartengono a personalità note del mondo della politica, del giornalismo, della musica, del teatro, dell’alimentazione e della ricerca. Ma cosa succederebbe se anche loro chiudessero gli occhi e non guardassero più? Chi darebbe voce alla vita che corre, veloce, indifferente a volte, e sembra ridurre a bisbiglio le voci delle donne, delle madri, delle opere? Il contest fotografico di Giovanni d’Angelo, come già era accaduto nel 2016 con Infernatoio, nel 2017 con Per e Dentro Napoli e nel 2018 con Non Invano, torna a denunciare con il “Silenzio degli occhi”. 

Occhi che non vedono? Non vogliono vedere? O cercano uno spazio intimo per guardarsi dentro e salvarsi dalla selva di immagini, notizie, fatti che ci sopraffanno ogni giorno? 

“Si riscontra sempre meno la possibilità di sviluppare o mantenere un autentico legame affettivo (…) a causa di un iperconsumismo e di un sistema di vita che rendono fungibile e interscambiabile ogni cosa, ogni oggetto, ogni fenomeno esistentivo…(…) Siamo così tutti più o meno senza radici, e la conseguenza è la disaffezione, dunque la noncuranza verso l’ambiente in cui viviamo, che non ha più un volto riconoscibile, un’identità certa…(…) Questa disaffezione è pericolosa perché si riversa anche sui propri oggetti e i propri valori, sulle proprie tradizioni familiari, che una volta erano fondamentali e oggi sono quasi totalmente scomparse”, scriveva Gillo Dorfles nel 2010. 

Negli ultimi 10 anni la popolazione italiana è diminuita di un milione e mezzo di abitanti. Le cause? Il forte calo dei matrimoni, la pandemia, l’ignoranza biologica, la rottura di schemi e tappe predeterminate, la precarietà lavorativa, la convinzione di una assurda idea di uguaglianza di genere, ma anche la rottura di catene biologiche legate ai continui spostamenti, possono essere tra le cause della denatalità italiana. Riflessioni scottanti e dolorose che hanno cambiato l’immagine della donna, non più sacra, ma dissacrata, immortale nel corpo, perché incapace di essere immortale altrove. 

E cosa pensano, cosa direbbero quelle madri se potessero parlare? Cosa direbbero i figli alle loro madri? È stato chiesto ad un campione di 12 persone di scrivere dei loro pensieri su se stessi o sull’idea di maternità per dare voce a questo silenzio. L’esperimento che ne è fuoriuscito è il dono principale di questa mostra. 

Anche le musiche e il cibo si rifanno a concetti legati alla maternità: la creazione musicale a ciclo continuo dei Pastamadre e la celebrazione della Campania Felix, territorio protagonista del culto antico delle matres.

Le dodici persone che hanno prestato i loro volti all’artista sono: Sandro Ruotolo (giornalista), Valerio Taglione (comitato Don Diana), Carlo Petrini (fondatore Slow Food), Maurizio Casagrande (attore), Ignazio Riccio (giornalista e scrittore), Isaia Sales (politico e scrittore), Fausto Mesolella (musicista compositore), Gianni Solino (direttore museo provinciale campano), Mariafelicia De Laurentis (astrofisico), Mimmo Borrelli (attore), Ettore De Lorenzo (giornalista) e Vittorio De Scalzi (musicista).